Curiosità in tema di alimentazione al femminile: Fase luteale 🚺

In una donna un ciclo mestruale standard dura in genere 28 giorni: esso può essere suddiviso in Fase Follicolare (1-14° giorno) e Fase luteale (14-28° giorno).
In quest’ultima fase del ciclo, soprattutto a ridosso dell’inizio delle mestruazioni, si assiste ad un graduale aumento dell’appetito, in quanto l’interazione tra progesterone ed estrogeni determina una riduzione della dopamina e serotina. Questa è la spiegazione, per cui nella fase pre mestruale, si ha anche un calo del tono dell’umore 😱😭🫠🤬.

L’ormone predominante in questa fase è il PROGESTERONE, prodotto sotto stimolo dei picchi di LH, che tenderà a ridursi nella fase luteale tardiva. Esso determina delle conseguenze sul nostro organismo:
⏺ aumento della resistenza insulinica e quindi una riduzione nell’utilizzazione dei carboidrati come carburante
⏺ aumento della resistenza alla leptina, quindi il cervello risponde meno al segnale e viene meno la soppressione della fame
⏺ aumento della temperatura corporea, che determina un piccolo incremento del metabolismo basale (questo non vuol dire che possa mangiare un vasetto di nutella 🤪)
⏺aumento dell’uptake di acidi grassi nel tessuto adiposo, quindi un maggior accumulo di grasso
⏺riduzione della sintesi proteica a livello muscolare

Nella fase luteale tardiva, come già detto precedentemente, si assiste ad una riduzione del progesterone, questo fa sì che aumenti  l’azione degli androgeni causa di acne, irritabilità e aumento della ritenzione idrica, specialmente con un’alimentazione bilanciata e ricca in sodio.

E’ risaputo che a ridosso delle mestruazioni si ricerchi maggiormente il cibo dolce, primo fra tutti il cioccolato.

Sapete perchè?  Il cioccolato, con almeno il 70% di cacao, è ricco in triptofano, amminoacido precursore dell’ormone del buon umore (serotonina). L’ingestione di tale alimento aumenta il rapporto tra triptofano plasmatico e altri aminoacidi neutri; di conseguenza, si attiva il trasporto del triptofano attraverso la barriera emato-encefalica, con un aumento della sintesi cerebrale della serotonina, che produce una sensazione di energia e piacere.

Anche l’integrazione di  magnesio sembra ridurre i sintomi della fase premestruale (link diretto per l’acquisto di Magnesio: https://amzn.to/40I3A5J)

Personalmente durante la fase luteale seguo un piano povero di carboidrati ma ricco in grassi. Per sopperire al desiderio di carboidrati, mi concedo prodotti low carb, come quelli dell’azienda Kleaf (https://kleaf.it/).
Il panino per hamburger di questa azienda contiene solo 1,9 grammi di carboidrati netti, privo di zuccheri aggiunti e grassi idrogenati. Il sapore è veramente gradevole!
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Come ottimizzare il recupero muscolare: Le 4 R

L’organismo attraverso la somministrazione di stimoli crescenti per intensità, volume e frequenza è in grado produrre risposte adattive capaci di conservare la stabilità fisiologica (omeostasi).

L’allenamento mette in crisi l’organismo, una volta terminato si ha una reazione dell’organismo per ritornare alla sua situazione di stabilità con conseguente adattamento. Gli adattamenti indotti dall’esercizio fisico avvengono come risultato di cambiamenti da acuti a cronici a livello metabolico, cellulare, tissutale e di sistema. Per far sì che ciò avvenga è necessario che lo stimolo allenante sia adeguato e periodizzato, al fine di migliorare la performance.

L’adattamento avviene nelle ore e nei giorni successivi all’allenamento, è’ stato identificato un approccio delle 4R per ottimizzare il recupero post-esercizio:

  • Reidratare

Uno dei primi obiettivi durante il recupero è ripristinare il deficit di liquidi ed elettroliti persi con la sudorazione. Il tasso di sudorazione di ogni individuo dipende dall’intensità dell’esercizio, dalla durata e dalle condizioni ambientali, da caratteristiche individuale ma anche dallo stato allenante.

E’ buona abitudine effettuare la misurazione della massa corporea prima e dopo l’esercizio, per valutare lo stato dei liquidi.

Quanta acqua bere? 1 volta e mezzo il peso perso aggiungendo una quota di sodio. Anche il consumo di alimenti ricchi di sodio può essere sufficiente per riacquistare lo stato ottimale di idratazione.

  • Rifornire

Dopo l’esercizio fisico è necessario ricostituire le riserve di glicogeno muscolare, il nostro deposito di glucosio.

Quindi è necessario assumere carboidrati, in quantità variabile a seconda di diversi fattori: caratteristiche individuali, dispendio energetico giornaliero totale, allenamento etc.

Studi hanno dimostrato che sono necessarie circa quattro ore affinché i carboidrati vengano digeriti e assorbiti nei tessuti muscolari ed epatici per essere incorporati come glicogeno. Pertanto, se è necessario un recupero rapido a causa del limitato periodo di tempo a disposizione, la priorità dovrebbe essere quella di consumare carboidrati semplici, oppure utilizzare integratori post workout specifici (come per esempio https://amzn.to/3MCNFQs ).

Il pasto post esercizio dovrebbe ricco di carboidrati complessi.

  • Riparare

La ricerca scientifica ha dimostrato che la sintesi proteica muscolare (MPS) può essere stimolata sia da uno stimolo allenante (esercizi di resistenza) sia dall’ingestione di proteine alimentari, con risposte sinergiche quando le proteine ​ vengono consumate prima e immediatamente dopo l’allenamento con esercizi di resistenza. Secondo la posizione dell’International Society of Sports Nutrition sui tempi dei nutrienti, l’ingestione post-esercizio (immediatamente fino a 2 ore) di alimenti proteici di alta qualità rappresenta uno stimolo robusto che ha un impatto positivo sulla MPS, contribuendo a una più rapida crescita e riparazione dei tessuti.

Dopo gli allenamento consiglio di assumere amminoacidi essenziali per migliorare il recupero e facilitare il ripristino delle fibre muscolari. Anche l’ingestione di creatina monoidrato sembra ottimizzare non solo gli adattamenti all’esercizio, ma anche ridurre il danno muscolare e/o migliorare il recupero da un esercizio intenso.
Al pasto successivo assumere una quota di proteine intorno 20-40g, ad es. 20g sono contenuti in 100g di petto di pollo.

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  • Riposare

Il sonno è una funzione fisiologica assolutamente vitale ed è uno dei fattori più importanti nel recupero post-esercizio.
La privazione di sonno può portare a modificazioni strutturali del muscolo, in particolare al numero di mitocondri e alla perdita adattamenti muscolari. E’ importante Dormire le giuste ore, almeno 6 ore.

Creatina

La creatina è uno degli integratori più popolari tra gli atleti e, a differenza di molti integratori sul mercato, ha un’eccellente base di prove per i suoi effetti positivi sulle prestazioni sportive e sul metabolismo.

    • Cos è la creatina?

La creatina è un composto naturale prodotto dall’organismo a partire da tre aminoacidi (arginina, glicina e metionina), sebbene possa essere trovata anche in alimenti come la carne rossa e alcuni pesci. La  creatina si trova principalmente nel muscolo scheletrico (~95%), piccole quantità sono state trovate nel cervello e nei testicoli dell’uomo (~5%). Circa due terzi della creatina intramuscolare sono fosfocreatina (PCr), mentre il resto è creatina libera. Il pool totale di creatina nel muscolo è in media di circa 120 mmol/kg di massa muscolare per un individuo di 70 kg. Tuttavia, il limite superiore di stoccaggio della creatina sembra essere di circa 160 mmol/kg di massa muscolare nella maggior parte degli individui. Una piccolissima percentuale (circa 1–2%) della creatina intramuscolare viene degradata in creatinina ed escreta con le urine. Viene utilizzata infatti come indice di funzionalità renale. Pertanto, il corpo ha bisogno di circa 1–3 g di creatina al giorno per mantenere le riserve di creatina normali a seconda della massa muscolare. Una parte del fabbisogno giornaliero di creatina viene ottenuto dalla dieta. Ad esempio, mezzo chilo di manzo e salmone crudi forniscono circa 1-2 g di creatina . La quantità rimanente di creatina viene sintetizzata principalmente nel fegato e nei reni a partire da 3 amminoacidi (arginina, glicina e metionina)

La forma di creatina fosforilata intramuscolare è responsabile della rapida produzione dei livelli di ATP (energia delle cellule) nel muscolo, attraverso il metabolismo anaerobico alattacido, per la contrazione muscolare.  L’ATP può derivare dall’ossidazione di altri substrati, come carboidrati e grassi, ma si tratti di processi relativamente lenti. La fosfocreatina fornisce una riserva di energia rapida per consentire il rapido ripristino dell’ATP; è quindi il carburante per l’esercizio ad alta intensità (attività di durata minore di 10 secondi).

    • Perchè integrare?

L’integrazione con creatina aumenta la quantità di creatina nel corpo fino al 30%. Esistono molti tipi diversi di creatina disponibili sul mercato, ma la forma più semplice e studiata è la creatina monoidrato.

  • Quanto integrare?

Il dosaggio standard di creatina è di 3 g al giorno. Sebbene molti dei primi studi utilizzassero “fasi di carico” di creatina di 20-30 g al giorno per saturare rapidamente le riserve, dosi più piccole sono ugualmente efficaci, ma richiedono semplicemente un po’ più tempo per accumularsi nel corpo e avere effetto.

  • E’ un integratore sicuro?

La creatina è uno degli integratori più ampiamente studiati, con decenni di prove alle spalle. L’integrazione di creatina è sicura per le persone sane e, sebbene alcune persone affermino che esistano collegamenti con il cancro, le malattie cardiache e persino la caduta dei capelli, non esiste alcuna prova di tali affermazioni. Anche l’integrazione a lungo termine con dosi elevate è stata studiata e non ha mostrato effetti negativi in ​​persone sane.

  • La creatina è utile solo per attività di tipo forza/potenza?

Sebbene si teorizzi che l’integrazione di creatina avvantaggi principalmente gli atleti coinvolti in attività di forza/potenza intermittenti ad alta intensità, vi è un numero crescente di prove che suggeriscono che l’integrazione di creatina può fornire effetti benefici anche per altre attività. Ad esempio, è stato riportato che l’integrazione di creatina con carboidrati o carboidrati e proteine promuove un maggiore accumulo di glicogeno muscolare rispetto alla sola integrazione di carboidrati. Poiché il rifornimento di glicogeno è importante per promuovere il recupero e prevenire il sovrallenamento durante i periodi di allenamento intensivi, l’integrazione di creatina può aiutare gli atleti che consumano grandi quantità di glicogeno durante l’allenamento e/o le prestazioni a mantenere livelli ottimali di glicogeno.

Ci sono prove che l’integrazione di creatina può ridurre il danno muscolare e/o migliorare il recupero dopo un esercizio fisico intenso. Inoltre, studi dimostrano che gli individui che integrano la loro dieta con creatina hanno sperimentato meno danni muscolari, infiammazioni e dolori muscolari . Di conseguenza, l’integrazione di creatina può aiutare gli atleti a riprendersi da un esercizio fisico intenso e/o a tollerare periodi di allenamento intensivi in ​​misura maggiore.

La creatina è utile anche per gli sport intermittenti ad alta intensità (sport di squadra) poiché è stato dimostrato che l’integrazione migliora le prestazioni di alcuni parametri come la velocità degli sprint ripetuti e l’altezza dei salti.

 

Non solo gli atleti possono trarre benefici, vi sono prove crescenti che dimostrano che l’integrazione di creatina, in particolare se combinata con l’esercizio fisico, fornisce benefici muscoloscheletrici e prestazionali negli anziani.

Quale prodotto comprare?

bevande zero

Bevande zero: Pro e Contro

A tutti sarà capitato di bere bibite zero, in cui lo zucchero viene sostituito da dolcificanti artificiali, così da rendere il contenuto calorico della bibita quasi nullo.

Abbiamo già parlato di dolcificanti artificiali, come l’aspartame. Si tratta di additivi alimentari o dolcificanti non nutritivi che presentano un potere dolcificante superiore allo zucchero e senza calorie. I più utilizzati sono aspartame, acesulfame-K, sucralosio, saccarina, ciclamato, neoesperidina diidrocalcone (neoesperidina DC), neotame, taumatina e advantame; essi sono presenti non solo nelle bibite zero, ma anche in molti prodotti dietetici con dicitura light.

Negli ultimi anni sono stati immesse nel mercato anche bibite con estratto di stevia, derivato dalle foglie della pianta “ Stevia rebaudiana”. Questo dolcificante naturale è indicato per le persone diabetiche, in quanto il principio attivo è un potente ipoglicemizzante. Ma ricordatevi sempre di leggere le etichette dei prodotti, perché spesso non troviamo gli estratti puri di stevia, ma un mix di glicosidi steviolici con altri zuccheri.

  • Fanno male?

L’EFSA, l’ Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, ha stabilito per ciascun dolcificante la quantità giornaliera ammissibile (DGA), espressa in mg su kg di peso corporeo, entro la quale non si registrano danni per la salute.

Per l’aspartame per esempio la dose giornaliera ammissibile è 40 mg/Kg di peso corporeo; per i glicosidi steviolici è stabilita una DGA di 4 mg/kg.

Considerate che una lattina di coca cola zero (330ml) contiene circa 0,2 gr di aspartame ( < 7% della DGA consentita per un adulto di 70 kg).

Fanno ingrassare?

A causa delle differenze fisiologiche nella percezione del gusto dolce dopo il consumo di dolcificanti artificiali e del loro diverso effetto sui centri della fame e della sazietà, si è ipotizzato che l’ingestione di alimenti o bevande contenenti tali composti potrebbe non essere un metodo efficace per ridurre l’apporto energetico per la perdita di peso. Ci sono studi contrastanti in letteratura, alcuni hanno suggerito che una frequente esposizione a tali composti possa persino aumentare l’appetito per i cibi dolci, in quanto il cervello non si sente gratificato completamente, richiedendo così un qualcosa di dolce in più.

Ma in realtà, il problema è per chi è dipendente dal dolce e continua a seguire un’alimentazione sbilanciata verso gli zuccheri.

E’ vero che alterano il microbiota?

Alcuni studi hanno valutato l’effetto dei dolcificanti artificiali sul microbioma umano, una complessa comunità di microrganismi che vivono nel tratto digestivo, costituito da oltre 1500 specie. Il solo colon, che contiene la più grande popolazione del variegato microbiota umano, può ospitare fino a 100 trilioni di batteri. Il microbiota intestinale è essenziale per mantenere la normale fisiologia e salute intestinale. Pertanto, la sua alterazione è spesso associata a varie condizioni patologiche. Diversi fattori possono influenzare la composizione e la funzione del microbiota intestinale, tra cui la genetica dell’ospite, l’età, i trattamenti antibiotici, l’ambiente e la dieta. La dieta ha un effetto marcato, influenzando la composizione del microbiota intestinale, in modo benefico o dannoso, alterando alcune specie batteriche e regolando i metaboliti prodotti nell’ambiente intestinale. I risultati ottenuti sono contrastanti. La comunità scientifica non ha ancora un consenso unanime sui risultati appropriati e sui biomarcatori che possono definire con precisione gli effetti dell’utilizzo di questi additivi sul microbiota intestinale.

Da tener presente che una disbiosi non è causata solo dall’ingestione di bevande zero ma dall’alimentazione in generale e dall’abuso di tali bibite.

Conclusioni

In generale le bibite zero possono essere un valido aiuto per diminuire il consumo di quelle zuccherate o ridurre l’apporto calorico.

Secondo me, è meglio optare per una versione zero di una bevanda, in quanto è inutile assumere zuccheri vuoti che non forniscono alcun nutriente.

Ci sono alcune situazioni in cui la versione classica potrebbe esser utilizzata? Si, post allenamento, per rifornire al muscolo zuccheri semplici a rapido assorbimento.

 

Take home message: Importante come in tutte le cose è non abusarne, ricordando sempre che l’unica bevanda raccomandabile è l’acqua!

aspartame

L’aspartame come possibile cancerogeno?

L’ Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), insieme al Comitato congiunto di esperti sugli additivi alimentari dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), ha pubblicato il 14 luglio ‘23 una valutazione del pericolo e del rischio dell’aspartame sulla salute.

L’ultima pubblicazione ha visto inserito l’aspartame all’interno del gruppo 2B delle sostanze cancerogene, ovvero classificato come “agente possibilmente cancerogeno per l’uomo” sulla base di prove “limitate” di cancro nell’uomo. C’erano anche prove “limitate” per il cancro negli animali da esperimento.

 

  • Cosa vuol dire agente possibilmente cancerogeno?

La IARC ha raggruppato diverse sostanze in 4 gruppi, sulla base della possibile cancerogenicità riscontrata su studi scientifici. La IARC non specifica però i dosaggi o i tempi di esposizione necessari affinché ciascuna di tali sostanze o agenti possa provocare un cancro.

  1. Gruppo 1 contiene carcinogeni umani certi sulla base di sufficienti evidenze (es. tabacco, radiazioni UV, radiazioni ionizzanti, carne trattata, ciclosporina, naftalina etc.)
  2. Gruppo 2A comprende probabili carcinogeni per gli esseri umani sulla base di limitate evidenze sull’uomo ma sufficienti evidenze riscontrata negli animali (es. acrilammide, DDT, carne rossa, steroidi, esposizione a sostanze chimiche utilizzate dai parrucchieri)
  3.  Gruppo 2B comprende sostanze che sono possibili carcinogeni umani sulla base di limitate evidenze riscontrate nell’uomo ma evidenze insufficienze riscontrate negli animali (caffè, benzina e scarichi di motori, fumi di saldatura etc.);
  4. Gruppo 3  comprende sostanze non ancora classificabili come carcinogene, in quanto evidenze insufficienti sia nell’uomo che negli animali.
    • Cos’è l’aspartame?

L’aspartame  è un dolcificante artificiale a basso tenore calorico, all’incirca 200 volte più dolce dello zucchero. È autorizzato in tutto il mondo, inclusa l’Unione europea. L’aspartame è utilizzato in bevande, prodotti di pasticceria e confetteria, prodotti lattiero-caseari, gomme da masticare, prodotti a ridotto contenuto energetico e per il controllo del peso e come dolcificante da tavola.

    • Qual è il destino dell’aspartame a livello del nostro organismo?

L’aspartame è costituito da due aminoacidi naturali: fenilalanina e acido aspartico, che sono contenuti anche nelle proteine del nostro organismo e in alcuni alimenti. La fenilalanina presente nell’aspartame è leggermente modificata, con l’aggiunta di un gruppo chimico (metilico) che conferisce all’aspartame il suo gusto dolce. A Livello dell’intestino l’aspartame viene degradato in acido aspartico, metanolo che prevalentemente escreti come CO2 mentre la fenilalanina sembra essere trattenuta.

    • Qual è la dose giornaliera ammissibile?

La prima valutazione della sicurezza dell’aspartame eseguita in Europa fu pubblicata dal comitato scientifico dell’alimentazione umana (SCF) nel 1981, con la definizione di una dose giornaliera ammissibile (DGA) per l’aspartame di 40 mg/kg di peso corporeo.

Le recenti pubblicazioni hanno mantenuto la loro opinione secondo cui l’aspartame non presenta rischi per la salute se il consumo giornaliero di una persona durante la sua vita è inferiore a 40 mg/kg di peso corporeo (eccetto per i pazienti affetti da fenilchetonuria).

Conclusioni

L’aspartame è vero che è stato inserito nel Gruppo 2B, sulla base di test che riguardavano specificamente il carcinoma epatocellulare, ma va considerato che la categoria Gruppo 2B contiene anche l’estratto di aloe vera e l’acido caffeico presenti nel tè e nel caffè.

Quindi l’aspartame è, sì, potenzialmente cancerogeno, ma non più del caffè (la bevanda più consumato al mondo): niente allarmismi, l’OMS ha lasciato invariato il livello di assunzione giornaliera accettabile. Considerato ciò, un adulto di 70 kg per raggiungere la dose giornaliera massima dovrebbe bere oltre 10 lattine da 330 ml al giorno di una famosissima bevanda zero.