Sodio e Sale nell’alimentazione: né troppo né troppo poco

Il sodio, è il principale elettrolita nei fluidi extracellulari, serve principalmente a mantenere il normale volume di acqua corporea, l’equilibrio dell’acqua tra l’interno e l’esterno delle cellule e la pressione sanguigna. I normali livelli di sodio nei fluidi corporei sono fondamentali per la trasmissione degli impulsi nervosi e la contrazione muscolare. Il corpo dispone di meccanismi di controllo ormonale efficaci per far fronte ad ampie variazioni nell’assunzione di sodio con la dieta.

Il sodio viene principalmente introdotto attraverso il sale da cucina, NaCl, 2,5 g di sale contiene 1 gr di sodio. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) in collaborazione con agenzie internazionali ha stabilito un obiettivo nutrizionale per la prevenzione del consumo eccessivo di sale, ossia una quantità che garantisce sapidità ai piatti ma che consente anche la riduzione del rischio d’insorgenza di alcune malattie, una quantità pari a 5 g/die di sale, considerando sia quello presente negli alimenti che quello aggiunto.

Il problema è che la maggior parte delle persone tende ad oltrepassare la quantità raccomandata, ingerendo prodotti processati e confezionati ricchi di sale e aggiungendo sale nelle preparazioni alimentari.

Sintomi e conseguenze

L’eccessivo consumo di sale nella dieta comporta sintomi quali:

  • GONFIORE: il sale introdotto determina un aumento della ritenzione idrica, attivando l’ormone antidiuretico che tenta di diluire il picco di sodio. Ecco perché dopo aver mangiato la pizza, si pesa qualche kg in più.
  • SETE: aumenta il senso di sete per lo scompenso nell’equilibrio idrico-salino
  • Un AUMENTO temporaneo della PRESSIONE SANGUIGNA. Gli alimenti ad alto contenuto di sodio possono far aumentare sia il fluido che circonda le cellule, sia il volume del sangue nel flusso sanguigno. Con l’aumentare del volume sanguigno, aumenta la pressione sui vasi  e il nostro cuore è costretto a lavorare più duramente per far circolare il sangue nel nostro corpo.

Nel cronico, il consumo eccessivo di sale determina effetti a lungo termine come ipertensione arteriosa, con conseguente incremento del rischio di insorgenza di gravi patologie cardio-cerebrovascolari quali infarto del miocardio e ictus cerebrale, ed è anche associato all’insorgenza di altre malattie cronico-degenerative, quali tumori, in particolare dello stomaco, osteoporosi e malattie renali.

Quindi è utile eliminarlo completamente dalla dieta?!

Assolutamente NO, anche non assumerlo può essere svantaggioso. L’assunzione deve essere personalizzata!

Gli sportivi o persone che sudano molto devono assumerne adeguatamente insieme all’acqua per avere un corretto equilibrio organico. Il giusto apporto sarebbe 1,5 gr di sale per ogni Litro di acqua assunto. Da ricordare che anche il potassio andrebbe assunto con un rapporto del sodio 1:1.

Anche per le combattere la cellulite, la soluzione non è eliminarlo!!!

Se il sodio non viene assunto con l’alimentazione, l’organismo metterà in atto meccanismi di compensazione per fare in modo di trattenerlo e per cercare di assumerne in quantità maggiore, per esempio aumenta il desiderio per alimenti salati o junk food.

Questo perché si attiva il Sistema renina-angiotensina-aldosterone, che regola il bilancio idroelettrolitico. Una minor concentrazione di sodio nel sangue, determina l’attivazione del meccanismo con conseguente aumento del liquido extracellulare e le cellule saranno più sofferenti.

La soluzione è quella di ingerire acqua e sali (sodio, cloro e potassio) nelle giuste quantità. Limitando il più possibile alimenti preconfezioni o processati!!!!

Ritenzione idrica

La ritenzione idrica è l’accumulo di liquidi negli spazi interstiziali (gli spazi tra una cellula e l’altra) in determinate parti del corpo. Il sesso maggiormente colpito è la donna, a causa degli estrogeni (ormoni femminili).

Gli approcci più utilizzati per cercare di ridurre questo problema sono: la riduzione del sale aggiunto alle pietanze, ingestione di bevande drenanti, allenamenti al caldo, magari avvolti in fasce per sudare.

Ma sono efficaci?! La fisiologia ci insegna che con questo tipo di approcci avremmo solo il peggioramento della situazione.

La maggior parte delle cause sono implicate ad una gestione di un’ alimentazione errata o ad uno stile di vita troppo sedentario. Ovviamente, ci sono anche situazioni patologiche, che dovranno essere trattate da un medico specialista.

L’ ormone regolatore principale dei fluidi nel nostro corpo è l’aldosterone (chiamato anche ormone anti diuretico), la cui sintesi  è deputata ai livelli di acqua e sali presenti nell’organismo.

La sua sintesi viene stimolata in caso di disidratazione, determinando una minor escrezione di acqua e sodio a livello renale e una vasocostrizione, in modo da contrastare la perdita di acqua.

Allo stesso tempo, riducendo il quantitativo di sale avremo lo stesso una produzione di aldosterone, che a sua volta ridurrà la perdita di sodio a livello dei reni, ma conseguentemente anche acqua, aumentando così la ritenzione idrica e peggiorando la situazione.

Allora la soluzione è bere meno? NO. Il corpo è formato principalmente da acqua, e quindi toglierla, determinerà uno squilibrio elettrolitico con formazione di crampi, una riduzione della pressione sanguina. Inoltre, sappiamo che una disidratazione minima nello sportivo, anche solo del 2%, determina un decadimento della performance.

Cosa fare allora?

  • E’ necessario un apporto di acqua tra 0,5 e 1 1itro ogni 10 kg di massa magra stimata
  • Introdurre un quantitativo di sale adeguato,  circa 1 g ogni litro d’acqua assunto
  • Avere un buon apporto di potassio consumando le giuste porzioni di frutta e verdura. Eventualmente in caso di carenza questa si potrà integrare, con un rapporto di 1:1 con il sale.
  • Introdurre un buon apporto di proteine in base al proprio fabbisogno, in modo da mantenere la massa muscolare, che aiuta a bilanciare l’equilibrio idrico.
  • Avere uno stile di vita attivo, il meno possibile sedentario. Possibilmente allenandosi con esercizi volti ad aumentare la massa cellulare.
donne e ciclo

Sindrome PreMestruale

Quali ormoni entrano in gioco nella fase premestruale?

Durante il ciclo mestruale di una donna in età fertile (dalla fase mestruale alla successiva) si ha una fluttuazione dei livelli di ormoni femminili, come progesterone ed estrogeni.

Nei giorni precedenti alle mestruazioni si ha un aumento dei livelli di progesterone, con una lieve riduzione nella secrezione di estrogeni.

Questi sbalzi ormonali fisiologici agiscono sul sistema renina-angiotensina-aldosterone, con conseguente aumento dell’aldosterone. Quest’ultimo è responsabile dell’aumento del riassorbimento di sodio e dell’escrezione di potassio, con conseguente ritenzione idrica ed espansione di volume dei liquidi extracellulari. Ecco il motivo per cui aumentiamo di Peso, Non è grasso ma solo acqua temporanea dovuta a questo ormone.

Sembra entrare in gioco anche la prolattina, con azione simile all’aldosterone contribuendo così all’aumento di ritenzione.

Ciclo mestruale e sindrome premestruale

La fase mestruale è caratterizzata da cambiamenti ormonali femminili (progesterone, estrogeno), sintomi fisici (ad es. aumento di massa, ritenzione di liquidi) ed emotivi (ad es. depressione, irritabilità, letargia, ipersonnia) che si verificano con intensità diverse per ogni donna.

Quando i sintomi sono da lievi a moderati, tendono a iniziare alcuni giorni prima del flusso mestruale e hanno un impatto minore sulla vita quotidiana. Tuttavia, quando i sintomi sono gravi, spesso si verificano dall’ovulazione in poi, per una durata di circa 14 giorni. Questi cambiamenti possono caratterizzare la sindrome premestruale (SPM).

La sindrome premestruale può comparire sin dalle prime mestruazioni, o in qualsiasi momento della vita riproduttiva e una volta instauratasi tende a rimanere presente fino alla menopausa. Sebbene l’esatta prevalenza della SPM non sia conosciuta, si stima che il 75-85% delle donne con mestruazioni provi uno o più sintomi fisici e/o emozionali premestruali; di queste solo il 5-10% lamenta una sintomatologia severa condizionante un peggioramento dello stile di vita. 

La patogenesi della sindrome premestruale non è stata ancora chiarita totalmente, ma si pensa che sia una condizione multifattoriale, che coinvolga fattori ormonali, genetici, neurali, psicosociali e dietetici.

Si è visto che Carenze di magnesio, manganese, vitamine del gruppo B, vitamina E, acido linoleico ed i suoi metaboliti sono presenti in diverse donne con SPM.

Inoltre, Alcuni studi sembrano sostenere che la supplementazione di Calcio e Vitamina D in questa fase attenuino sensibilmente i disturbi legati alla sindrome.

Sintomatologia

La sintomatologia è varia e soggettiva, sono stati identificati circa 150 sintomi. Tutti riconducibili ad un comune denominatore: l’edema e la vasodilatazione. 

Uno studio ha evidenziato che le concentrazioni di aldosterone (ormone responsabile della ritenzione idrica) sono più elevate in donne con sindrome premestruale rispetto a chi non ne soffre, in particolare durante la fase luteinica del ciclo mestruale (dopo l’ovulazione).

I sintomi più comuni vengono raggruppati in 3 categorie principali e si parla di triade costituita da:

  • manifestazioni mammarie: dolore e aumento del volume del seno.
  • segni addomino-pelvici: gonfiore e di pesantezza pelvica.
  • turbe psichiche:alterazioni del sonno, ansia, riduzione della libido, modificazioni del carattere, depressione, emicrania (turbe minori più frequenti).

Le variazioni dell’umore sembrano essere associate ad una produzione ridotta di serotonina, dovuta all’esaurimento dell’amminoacido precursore, il triptofano. Ecco perché durante questa fase siamo alla ricerca continua di cibi gratificati (quelli che ci rendono felici), tra cui dolci e cioccolata.

Le donne maggiormente soggette a queste “voglie” sono quelle che fanno diete troppo restrittive o povere di carboidrati protratte per lungo tempo.

In quali alimenti è presente il triptofano?

Il triptofano è maggiormente presente in alcuni alimenti, tra cui:

  • Baccalà/ stoccafisso
  • Soia
  • Semi di zucca
  • Lievito
  • Prezzemolo
  • Latte e derivati
  • Formaggi
  • Farro
  • Fagioli
  • Uova
  • Mandorle

È stato ipotizzato che il forte desiderio di carboidrati, caratteristico delle donne affette da SPM, possa consistere in un tentativo di automedicazione volto a compensare il deficit di serotonina.

Questo perché i carboidrati complessi (come ad esempio pasta, cereali, pane, legumi) veicolano maggiormente il triptofano, precursore della serotonina, verso il cervello, con un conseguente incremento della sintesi dell’ormone della felicità.

Quindi, Nella fase premestruale è importante assumere ad ogni pasto alimenti ricchi di triptofano e una porzione di carboidrati complessi.