donne e ciclo

Sindrome PreMestruale

Quali ormoni entrano in gioco nella fase premestruale?

Durante il ciclo mestruale di una donna in età fertile (dalla fase mestruale alla successiva) si ha una fluttuazione dei livelli di ormoni femminili, come progesterone ed estrogeni.

Nei giorni precedenti alle mestruazioni si ha un aumento dei livelli di progesterone, con una lieve riduzione nella secrezione di estrogeni.

Questi sbalzi ormonali fisiologici agiscono sul sistema renina-angiotensina-aldosterone, con conseguente aumento dell’aldosterone. Quest’ultimo è responsabile dell’aumento del riassorbimento di sodio e dell’escrezione di potassio, con conseguente ritenzione idrica ed espansione di volume dei liquidi extracellulari. Ecco il motivo per cui aumentiamo di Peso, Non è grasso ma solo acqua temporanea dovuta a questo ormone.

Sembra entrare in gioco anche la prolattina, con azione simile all’aldosterone contribuendo così all’aumento di ritenzione.

Ciclo mestruale e sindrome premestruale

La fase mestruale è caratterizzata da cambiamenti ormonali femminili (progesterone, estrogeno), sintomi fisici (ad es. aumento di massa, ritenzione di liquidi) ed emotivi (ad es. depressione, irritabilità, letargia, ipersonnia) che si verificano con intensità diverse per ogni donna.

Quando i sintomi sono da lievi a moderati, tendono a iniziare alcuni giorni prima del flusso mestruale e hanno un impatto minore sulla vita quotidiana. Tuttavia, quando i sintomi sono gravi, spesso si verificano dall’ovulazione in poi, per una durata di circa 14 giorni. Questi cambiamenti possono caratterizzare la sindrome premestruale (SPM).

La sindrome premestruale può comparire sin dalle prime mestruazioni, o in qualsiasi momento della vita riproduttiva e una volta instauratasi tende a rimanere presente fino alla menopausa. Sebbene l’esatta prevalenza della SPM non sia conosciuta, si stima che il 75-85% delle donne con mestruazioni provi uno o più sintomi fisici e/o emozionali premestruali; di queste solo il 5-10% lamenta una sintomatologia severa condizionante un peggioramento dello stile di vita. 

La patogenesi della sindrome premestruale non è stata ancora chiarita totalmente, ma si pensa che sia una condizione multifattoriale, che coinvolga fattori ormonali, genetici, neurali, psicosociali e dietetici.

Si è visto che Carenze di magnesio, manganese, vitamine del gruppo B, vitamina E, acido linoleico ed i suoi metaboliti sono presenti in diverse donne con SPM.

Inoltre, Alcuni studi sembrano sostenere che la supplementazione di Calcio e Vitamina D in questa fase attenuino sensibilmente i disturbi legati alla sindrome.

Sintomatologia

La sintomatologia è varia e soggettiva, sono stati identificati circa 150 sintomi. Tutti riconducibili ad un comune denominatore: l’edema e la vasodilatazione. 

Uno studio ha evidenziato che le concentrazioni di aldosterone (ormone responsabile della ritenzione idrica) sono più elevate in donne con sindrome premestruale rispetto a chi non ne soffre, in particolare durante la fase luteinica del ciclo mestruale (dopo l’ovulazione).

I sintomi più comuni vengono raggruppati in 3 categorie principali e si parla di triade costituita da:

  • manifestazioni mammarie: dolore e aumento del volume del seno.
  • segni addomino-pelvici: gonfiore e di pesantezza pelvica.
  • turbe psichiche:alterazioni del sonno, ansia, riduzione della libido, modificazioni del carattere, depressione, emicrania (turbe minori più frequenti).

Le variazioni dell’umore sembrano essere associate ad una produzione ridotta di serotonina, dovuta all’esaurimento dell’amminoacido precursore, il triptofano. Ecco perché durante questa fase siamo alla ricerca continua di cibi gratificati (quelli che ci rendono felici), tra cui dolci e cioccolata.

Le donne maggiormente soggette a queste “voglie” sono quelle che fanno diete troppo restrittive o povere di carboidrati protratte per lungo tempo.

In quali alimenti è presente il triptofano?

Il triptofano è maggiormente presente in alcuni alimenti, tra cui:

  • Baccalà/ stoccafisso
  • Soia
  • Semi di zucca
  • Lievito
  • Prezzemolo
  • Latte e derivati
  • Formaggi
  • Farro
  • Fagioli
  • Uova
  • Mandorle

È stato ipotizzato che il forte desiderio di carboidrati, caratteristico delle donne affette da SPM, possa consistere in un tentativo di automedicazione volto a compensare il deficit di serotonina.

Questo perché i carboidrati complessi (come ad esempio pasta, cereali, pane, legumi) veicolano maggiormente il triptofano, precursore della serotonina, verso il cervello, con un conseguente incremento della sintesi dell’ormone della felicità.

Quindi, Nella fase premestruale è importante assumere ad ogni pasto alimenti ricchi di triptofano e una porzione di carboidrati complessi.

allergia o intolleranza?

Allergia o Intolleranza alimentare?

Le allergie e le intolleranze alimentari fanno parte di un più vasto gruppo di disturbi definiti come reazioni avverse al cibo. Quest’ultime sono condizioni che determinano una sofferenza dell’organismo o di suoi distretti a seguito dell’ingestione di un determinato cibo. Vengono classificate in:

  • Immuno mediate (allergie alimentari): sono reazioni del sistema immunitario, di solito immediate e localizzate, dirette contro sostanze normalmente innocue come il cibo o i componenti alimentari. Queste reazioni innescano la produzione di immunoglobuline, soprattutto di classe IgE, determinando il rilascio di mediatori chimici che provocano una serie di reazioni quali orticaria, dermatite atopica, nausea, prurito, gonfiore alle labbra, rinite, difficoltà respiratorie, fino a reazioni sistemiche gravi che conducono allo shock anafilattico.

Alcune allergie, possono non essere IgE mediate, come la celiachia, enterocolite da proteine alimentari oppure avere una componente mista (IgE mediate e non) come l’allergia alle proteine del latte vaccino, esofagite e gastroenterite eosinofila.

  • Non immuno mediate (intolleranze alimentari): Esistono diverse tipologie di intolleranze alimentari:
    • Deficienza enzimatica: l’organismo è incapacite, per difetti congeniti, di metabolizzare alcune sostanze presenti nell’organismo. La più nota è l’intolleranza al lattosio, dovuta al deficit di lattasi. Altri esempi di intolleranza dovuta alla carenza di un enzima sono il favismo e la maldigestione dei FODMAPs.
    • Intolleranze farmacologiche: legate alla presenza di sostanze farmacologicamente attive che scatenano reattività come istamina, tiramina, caffeina, alcool e teobromina;
    • Intolleranze da additivi aggiunti agli alimenti: provocate da sostanze utilizzate per migliorare la qualità del cibo, la sua appetibilità o per migliorarne la conservazione. I più comuni additivi sono: coloranti, conservanti, antiossidanti, esaltatori di sapidità, dolcificanti ed addensanti; esempio solfati, nitriti, salicilati.
    • Reazioni intestinali e non intestinali non specifiche: quali sindrome dell’intestino irritabile, distensione luminale, riflesso gastrocolico.
  • Reazioni tossiche (intossicazioni alimentari): sono dose dipendenti di una determinata sostanza nociva ingerita e possono essere dovute a sostanze chimiche aggiunte ai cibi (additivi, insetticidi, fertilizzanti, antibiotici, metalli), a sostanze naturali presenti negli alimenti (micotossine, veleni naturali contenuti in piante, animali, funghi ecc.), a processi industriali o di non idonea lavorazione del cibo, come nel caso di botulino o di stafilococco aureo.

Nell’allergia la sintomatologia, tra il bambino e l’adulto, è più o meno sovrapponibile ad eccezione della dermatite atopica al viso, che si manifesta prevalentemente nel bambino.

I sintomi più comuni dell’allergia sono:

  • gonfiore viso/bocca/occhi
  • rush cutaneo e/o orticaria
  • prurito
  • calo pressorio
  • aritmia
  • dolori al petto.

Nelle intolleranze i sintomi sono essenzialmente:

  • formazione gas intestinale
  • gonfiore e crampi addominali
  • problemi digestivi
  • bruciore di stomaco
  • mal di testa e irritabilità.

I sintomi condivisi tra intolleranza e allergia sono nausea, vomito e diarrea.

I Sintomi caratteristici di questa fase della vita, possono essere:

  • a BREVE termine: sintomi vasomotori e neurodegenerativi. Per esempio vampate di calore, insonnia, ansia e depressione.
  • a MEDIO termine: riguardano l’apparato genito-urinario, come secchezza vaginale, atrofia dell’apparato, incontinenza urinaria.
  • a LUNGO termine: conseguentemente alla riduzione degli estrogeni, si ha un aumento del grasso addominale. La donna sarà più soggetta all’obesità, sindrome metabolica, malattie cardiovascolari e osteoporosi.

L’intolleranza alimentare coinvolge il sistema digestivo, in quanto l’alimento può causare un’irritazione di un tratto o più tratti del digerente oppure non può essere opportunamente digerito.

La quantità di alimento che può scatenare l’intolleranza varia da soggetto a soggetto, ed è proprio la quantità dell’alimento a determinare l’entità della sintomatologia.

I sintomi si presentano gradualmente e aumentano via via, ma possono essere adottate misure per poter impedire la progressione della sintomatologia.

Viceversa l’allergia coinvolge il sistema immunitario, i sintomi si verificano quando l’alimento o i suoi componenti vengono riconosciuto dall’organismo come allergeni e si scatena la reazione allergica. L’allergia, dunque, non è dose dipendente, come l’intolleranza.

I sintomi dell’allergia sono immediati e l’unico modo per impedire l’allergia è eliminare l’alimento dalla dieta.

Per capire se si tratta di allergia esistono test cutanei di primo livello ambulatoriali:

  • Prick test: Il test si esegue pungendo leggermente la cute con un’apposita lancetta  e applicando una goccia di allergene purificato sulla cute dell’avambraccio. Se il test è positivo, nel giro di alcuni minuti compare un piccolo rigonfiamento, nel punto in cui è stato applicato l’allergene.
  • Prick by Prick: non viene usato allergene purificato ma direttamente l’alimento.
  • Patch test: vengono adesi sulla schiena del paziente dei dischetti contenti vari allergeni. Vengono lasciati agire per per 48 ore e, se la persona è suscettibile ad una particolare sostanza, compare una reazione infiammatoria locale.

Ma esistono anche indagini di laboratorio (II livello) come:

  • Prist test, ovvero il dosaggio delle IgE totali
  • Rast: dosaggio delle IgE specifiche contro l’allergene specifico alimentare o inalante

Per capire se si tratta di intolleranze alimentari, gli unici test scientifici e validati sono i Breath test H4 o CH4, utilizzati per lo studio di intolleranze, malassorbimento e maldigestione.

Con i quali si va ad indagare:

LATTOSIO: Ipolactasia e Intolleranza

GLUCOSIO: Malassorbimento e SIBO (Sovracrescita Batterica del Tenue)

LATTULOSIO: OCT (Tempo di transito oro-cecale)

FRUTTOSIO: Malassorbimento

SACCAROSIO: Malassorbimento (Saccarosio/Isomaltato)

FODMAP: Maldigestione

Come funziona questo tipo di test? Viene somministrato lo zucchero test al paziente, che arriva a livello intestinale, dove si ha una fermentazione batterica con produzione di idrogeno o anche metano/anidride carbonica che passa in circolo fino ad arrivare a livello polmonare. È possibile dosare questi gas nell’espirato del paziente.

Regole per gestire le intolleranze alimentari:

1) Le intolleranze alimentari non sono responsabili di sovrappeso e obesità

2) Non effettuare autodiagnosi

3) Diffidare da chiunque proponga test di diagnosi di intolleranza alimentare per i quali manca evidenza scientifica di attendibilità. I test non validati sono: dosaggio IgG4, test citotossico, Alcat test, test elettrici (vega-test, elettroagopuntura di Voll, bioscreening, biostrengt test, sarm test, moratest), test kinesiologico, dria test, analisi del capello, iridologia, biorisonanza, pulse test, riflesso cardiaco auricolare.