Nickel

Allergia al Nickel

Il nickel è un metallo pesante presente nel suolo, nell’acqua e nell’aria. Questo è il motivo per cui tutto si può contaminare di questo metallo, anche gli alimenti.

Cos’è l’allergia? È una reazione spropositata del sistema immunitario verso sostanze che normalmente sono innocue per la maggior parte delle persone.

Può essere immediata quando la reazione avviene subito dopo l’esposizione con l’agente allergenico, oppure ritardata quando si manifesta dopo ore o giorni.

Nel caso dell’allergia al Nickel, si tratta di allergia ritardata, e può manifestarsi in tre modi differenti:

1) Allergia da contatto: la lesione cutanea si presenta esclusivamente nelle sedi a contatto con oggetti contenenti Nickel.

2) Allergia sistemica da contatto: le lesioni cutanee si presentano in diversi sedi del corpo differenti dalla sede di contatto.

3) Sensibilizzazione sistemica al nickel: questa manifestazione non coinvolge solamente la parte cutanea ma anche quella gastrointestinale.

Non tutti i pazienti allergici al Nickel presentano tutte e tre le manifestazioni.

 

La diagnosi DEVE essere effettuata esclusivamente dal medico specializzato, attraverso il patch test. Cerotti contenenti particolari cellette, all’interno delle quali vengono inserite 30 sostanze in cui è presente non solo nichel, ma anche cromo, cobalto e altri metalli.

Per quanto riguarda la sensibilizzazione sistemica possiamo intervenire anche attraverso l’alimentazione.

L’anamnesi per questo tipo di manifestazione non è sempre chiara, i sintomi sistemici principali sono: meteorismo, gonfiore, dolori addominali ricorrenti, dermatite , cefalea, reflusso, diarrea, orticaria, angioedema, stipsi.

La terapia consiste oltre alla somministrazione di antistaminici, prodotti topici cutanei, anche di probiotici per curare la permeabilità dell’intestino ed è anche necessaria una dieta a basso contenuto di Nickel.

I sintomi sistemici scompaiono o si ha un miglioramento dell’80%, dopo una dieta a basso contenuto di Nickel.

Quali sono gli alimenti privi di Nickel?

  • Verdure: radicchio, invidia, valeriana, finocchio, zucchine, peperoni, cetrioli
  • Frutta: anguria, melone, agrumi, pesche, banane
  • Latte e latticini se non si è intolleranti al lattosio
  • Farina 00 se non si è celiaci
  • Carne
  • Pesce tranne molluschi, platessa, crostacei, salmone, tonno.
  • Lievito di birra ma non quello in polvere. Per i dolci si può usare il bicarbonato come agente lievitante.

Ma allora non si può mangiare più nulla? Assolutamente NO, la dieta priva di Alimenti contenenti Nickel va fatta solo per 4 settimane.

Dopo di che andranno reintrodotti gradualmente gli alimenti , prima quelli a basso contenuto di Nickel e poi successivamente quelli ad alto contenuto.

  • Alimenti a basso contenuto di Ni (<0,1 microgr/g): funghi, broccoli, uva, gamberoni
  • Alimenti a medio contenuto di Ni (0,1-1 microgr/g): albicocche, avogado, fichi, pere, grano saraceno, pomodoro, spinaci, aragosto, lievito in polvere, farina integrale, piselli, cavolfiore, platessa, asparagi, cipolle, mais, avena, ananas, mitili, ostriche, prugne, soia, tè, mandorle.
  • Alimenti ad alto contenuto di Ni (>= 1 microg/g): lattuga, fagioli, fagiolini, nocciole, noci, lenticchie, marmellata di frutta, arachidi, margarina, liquirizia, cacao in polvere.

Attenzione!

Il Nickel è presente anche negli additivi di prodotti industriali e negli eccipienti di alcuni farmaci/integratori.

Vi ricordo di leggere  gli ingredienti delle etichette dei prodotti.

E’ presente in:

  • addensanti
  • alghe varie
  • amido di mais
  • aromi artificiali
  • burro di cacao
  • carragenina
  • coloranti
  • conservanti
  • difosfati, difosfato sodico
  • echinacea
  • eucalipto
  • farina di carrube, farine di cereali non concessi, farina di guar, farine di legumi, farina di lupini
  • gelatina alimentare (grande quantità)
  • grassi idrogenati
  • grassi vegetali
  • karkadè
  • kokkoh
  • mais
  • maizena
  • maltitolo, malto, maltodestrine, malto d’orzo
  • menta
  • miso
  • mono e digliceridi degli acidi grassi
  • olio di anacardi, olio di arachidi, olio di avocado, olio di colza, olio di cocco, olio di girasole,
  • oli idrogenati
  • olio di macadamia, olio di mais, olio di mandorle, olio di noce, olio di palma, olio di soia, olio di semi di canapa, olio di semi di girasole, olio di semi di lino, olio di semi d’uva, olio di semi di sesamo, olio di vinaccioli
  • pappa reale
  • pectina artificiale
  • pirostati
  • proteine ​​vegetali
  • rosa canina
  • destrosio, zucchero d’uva, dolcificanti industriali, sciroppo di destrosio, sciroppo di fruttosio, sciroppo di glucosio, sciroppo di maltosio
  • semi, semi di guar, semi di tara
  • lecitina di  girasole, lecitina di soia, soia
  • tamari
  • tempeh
  • vanillina
  • E407 (carragenina), E410 (farina di semi di carrube), E411 (farina di semi di avena), E412 (farina di semi di guar), E417 (gomma di tara), E426 (emicellulosa di soia), E440 (pectina amidata), E441 (gelatina), E450 (difosfati e pirostati), E471 (mono e digliceridi degli acidi grassi), E479b (olio di soia ossidato).

Consigli:

  • Evitare di mangiare alimenti cotti e/o conservati nel metallo (ad eccezione di alluminio), l’assunzione di integratori multivitaminici.
  • Cuocere/conservare gli alimenti in contenitori di vetro, pirex, alluminio, carta da forno, ceramica non smaltata.
  • Utilizzare l’acqua imbottigliata, altrimenti far scorrere l’acqua del rubinetto qualche minuto prima dell’uso alimentare.
IBS

Sindrome dell’Intestino Irritabile (IBS)

Si parla di sindrome e non di malattia, in quanto la sua manifestazione nelle diverse persone è diversa. Non esiste una vera e propria diagnosi di sindrome dell’intestino irritabile.

La definizione che più inquadra questa sindrome è la seguente:

“Dolore o disagio addominale ricorrente per almeno tre giorni al mese negli ultimi tre mesi, ma iniziato almeno sei mesi prima e associato a due o più dei seguenti criteri:

  • Migliora con la defecazione,
  • L’inizio dei sintomi è associato con una  modificazione nella frequenza della defecazione,
  • L’inizio è associato con un cambiamento di forma (aspetto) delle feci.”

La prevalenza stimata di IBS in Italia è di circa 20%, con una prevalenza doppia nelle donne rispetto agli uomini. Non è età specifica, in quanto può svilupparsi a tutte le età, compresi anche i bambini.

Le cause sono ancora sconosciute, ma circa il 20% dei casi ha un esordio a seguito di gastroenterite. Lo stress e altri fattori legati allo stile di vita non possono essere considerati delle vere e proprie cause, ma possono avere un impatto maggiore sui sintomi.

Il quadro sintomatologico ha vari gradi di intensità, i sintomi più frequenti sono:

diarrea, stipsi, alvo alterno (stipsi/diarrea), dolore addominale, gonfiore e disturbi gastrici.

L’impatto negativo dell’IBS sulla qualità della vita dei pazienti e il significativo impatto economico sul nostro sistema sanitario è ben noto.

Questo impatto evidenzia la necessità di trattamenti IBS più efficaci. Importante è un approccio multidisciplinare, che va dallo gestione delle stress ad una dieta.

Perchè l’intestino è bersaglio anche dello stress? L’apparato gastrointestinale è definito come secondo cervello perché contiene milioni di neuroni. Come il cervello, Reagisce agli stimoli esterni mediante attivazione di processi chimici intra- e extra-cellulari. Ma è anche in grado di produrre sostanze che possono agire localmente (ad esempio, mediare la contrazione intestinale), oppure arrivare al sistema nervoso centrale. Allo stesso modo, i neuroni cerebrali possono facilmente mandare messaggi a quelli del sistema nervoso enterico. Di conseguenza, si viene ad instaurare un vero e proprio asse tra l’intestino e il cervello.

Perché è importante la dieta nel trattamento di IBS ?  Perché il 60%- 70% dei pazienti con IBS riferisce un peggioramento dei sintomi dopo i pasti, dal 50% al 70% riferisce intolleranza a vari alimenti e oltre Il 70% crede che gli alimenti causino i loro sintomi.

La dieta nel trattamento di IBS è una LOW FODMAPs.

Cosa sta indicare FODMAPs?  È un acronimo che identifica tutte le strutture a catena carboidratica, a basso tenore di assorbimento.

F (Fermentabile): sostanze che sono degradabili dalla flora e in grado di produrre gas

O (oligosaccaridi): composti organici della famiglia dei glucidi, costituiti da max 20 unità di monosaccaridi.

D (Disaccaridi): Composti organici della famiglia dei glucidi costituiti da due unità monosaccaridiche, come per esempio lattosio, saccarosio etc.

M (monosaccaridi): Carboidrati semplici costituiti da singole unità saccaridiche

A (and)

P (polioli): carboidrati idrogenati usati come dolcificanti, come mannitolo, sorbitolo, eritritolo, maltitolo e xilitolo

La dieta a basso contenuto di FODMAPs prevede 3 fasi:

  1. Eliminazione totale dei FODMAP dalla dieta, in modo da favorisce la remissione dei sintomi invalidanti
  2. Reintroduzione graduale consentendo all’intestino di riabituarsi alla digestione di una più ampia varietà di cibi, e al paziente di notare eventuali effetti avversi che potrebbero insorgere in relazione all’assunzione di un determinato cibo. L’introduzione è importante, in quanto i FODMAPs sono anche prebiotici per il nostro microbiota.
  3. Mantenimento con un piano nutrizionale  in base ai risultati della fase 2

 

La dieta terapia ha 4 obiettivi principali:

  • regolare il transito,
  • ripristinare la normale permeabilità intestinale,
  • ricostruire il microbiota,
  • modulare l’infiammazione locale e sistemica.

Alcuni alimenti comuni ad alto contenuto di FODMAPs sono:

  • Con eccesso di fruttosio: mela, pera, mango, mora lampone, cocomero, ciliegie, miele, sciroppo di agave e di acero, pisellini, aspragi
  • Con eccesso di polioli: mela, albicocca, avogado, more, ciliegie, pesca, pera, cocomero, prugna, cocomero, cavolfiore
  • Con eccesso di lattosio: latte, gelato, yogurt, ricotta, fiocchi di latte, crema di formaggio
  • Con eccesso di fruttani: cachi, polpa di mela, aglio, noci, pistacchi, anacardi, noccioline, cipolla, pesche nettarine, grano, segale, inulina , FOS.
  • Con eccesso di galatto oligosaccaridi: legumi

Una curiosità sui legumi: lasciandoli ammollo per 12 ore e cambiando l’acqua almeno 2-3 volte, si ottiene un prodotto low FODMAPS.

La diagnosi di IBS DEVE essere fatta da un medico.