Succo di frutta vs frutta fresca

In una dieta sana e bilanciata, il consumo di frutta e verdura è un cardine fondamentale. 

Le evidenze scientifiche suggeriscono che il loro consumo nelle giuste quantità aiuti a prevenire le più importanti patologie cronico-degenerative, tramite diversi meccanismi d’azione legati in parte alla presenza in questi alimenti di specifici nutrienti e sostanze bioattive, ma anche aiutino ad aumentare il senso di sazietà.

Al consumo di frutta trasformata, come i succhi di frutta, è  sempre stato riconosciuto un ridotto valore nutrizionale rispetto alla frutta fresca per il basso contenuto di fibra, la parziale perdita di micronutrienti e componenti bioattivi durante i processi di trasformazione e per il più alto contenuto calorico, in quanto addizionati molto spesso da zuccheri semplici esogeni.

  • Cos’è un succo di frutta?

Secondo la direttiva dell’Unione Europea 2001/112/CE e successivi aggiornamenti (2012/12 UE del 19 aprile 2012), il succo di frutta è un prodotto fermentescibile ma non fermentato, ottenuto dalla parte commestibile di frutta sana e matura, fresca o conservata mediante refrigerazione o congelamento, appartenente ad una o più specie di frutta e avente il colore, l’aroma e il gusto caratteristici dei frutti da cui proviene. L’aroma, la polpa e le cellule ottenute mediante processi fisici adeguati dalle stesse specie di frutta possono essere restituiti al succo.

  • In commercio quali prodotti ci sono?

1. Succo 100% frutta 

E’ un prodotto ottenuto interamente dalla frutta spremuta. Come il frutto intero, il succo è costituito per circa il 90% da acqua, vitamine, sali minerali e fitocomposti che derivano dal frutto intero spremuto e per il restante 10% da zuccheri naturali. La normativa europea non consente l’aggiunta di conservanti, zuccheri ed aromi al succo 100% frutta. Gli zuccheri naturali, derivanti dalla frutta, sono considerati “zuccheri liberi”.

Esistono due tipologie:

a. Succo non da concentrato 

La Direttiva Succhi (2012/12) dispone che il succo sia ottenuto dalla parte commestibile della frutta “sana e matura”. Pertanto la frutta viene selezionata secondo i requisiti previsti. Quando la materia prima raggiunge lo stabilimento di produzione, la frutta viene lavata e pulita; si procede poi all’estrazione del succo con mezzi meccanici. Il succo così ottenuto viene pastorizzato sia per mantenere il più al lungo possibile la “freschezza“, inattivando gli enzimi, sia per eliminare microrganismi, quali lieviti e muffe che possono trovarsi naturalmente nel frutto o nell’ambiente.

b. Succo da concentrato

Il processo di concentrazione consiste nell’eliminazione di parte dell’acqua, per ali uno il 50%, contenuta nel succo estratto dal frutto. Tale processo di natura fisica fa sì che il succo, una volta ricostituito, mantenga, il più possibile le caratteristiche organolettiche e nutritive essenziali del frutto di partenza. La “ricostituzione” di un succo da concentrato si riferisce alla restituzione della parte di acqua sottratta al momento della concentrazione. In alcuni casi questo processo comprende anche la restituzione di quella parte di aromi naturali della frutta che si possono perdere all’atto della concentrazione.

2. Nettare di frutta 

E’ prodotto a partire dal succo di frutta o dalla purea di frutta o da entrambi, a cui si aggiunge acqua ed eventualmente zucchero o edulcoranti. E’ consentita anche l’aggiunta di un numero molto limitato di additivi, che svolgono essenzialmente una funzione antiossidante o acidificante, mentre è vietato l’utilizzo di conservanti, coloranti nonché aromi. La normativa europea prevede che i nettari ottenuti esclusivamente dalla purea di frutta possano essere definiti come “succo e polpa di …”. Di solito, per il nettare si scelgono tipi di frutta con molta polpa, come pera, pesca o albicocca. Secondo la normativa europea, la quantità minima di frutta contenuta nel nettare deve essere tra il 25 e il 50%. 

Benché la direttiva consenta l’aggiunta di zuccheri ai nettari fino a un massimo del 20% del peso totale del prodotto finito, la quantità media effettiva di zuccheri aggiunti per i prodotti fabbricati in Italia si colloca tra l’8 e il 10% in relazione al tipo di frutta di partenza.

3. Bevande a base di frutta 

I prodotti che non rientrano nella classificazione “succo 100% frutta” o “nettari di frutta” si ascrivono alla categoria delle bevande a base di frutta.

Conclusioni

In un contesto di una dieta sana, il consumo di succhi derivanti da 100% frutta potrebbe essere inserito, per il fatto che quest’ultimi hanno un contenuto di zuccheri tutti derivanti dalla frutta di partenza. Di conseguenza i succhi estratti dai frutti a maggior contenuto di zuccheri naturali conterranno più zuccheri rispetto ai succhi ottenuti da frutti meno zuccherini (es. Frutti rossi, agrumi, mele, ananas). Gli zuccheri naturalmente presenti nella frutta sono rappresentati dal fruttosio, saccarosio (glucosio e fruttosio) e glucosio.

Secondo i LARN il consumo complessivo di zuccheri semplici dovrebbe essere inferiore al 15% dell’energia totale giornaliera (per esempio in una dieta da 2000 kcal sarebbero consentiti al massimo 75 grammi  di zuccheri semplici) e viene sottolineata l’importanza di limitare l’introduzione di zuccheri aggiunti e di fruttosio.

Una porzione di succo 100% frutta contiene mediamente dai 20-30 g di zuccheri.

Per cui, il consumo di quest’ultimo non è il male peggiore, in quanto rappresenta un piccola quota di zuccheri semplici introdotti. Il problema può sorgere quando durante la giornata vengono aggiunte bevande zuccherine oppure merendine varie, dove gli zuccheri risultano a questo punto in eccesso.

Negli ultimi anni è stata studiata la possibile relazione tra eccessivo consumo di zuccheri, di fruttosio in particolare, ed il drammatico aumento della prevalenza di obesità, diabete, sindrome metabolica e malattie cardiovascolari. 

I meccanismi responsabili dei potenziali effetti metabolici avversi si riferiscono principalmente alla stimolazione della neo-lipogenesi epatica, alla promozione di insulino-resistenza epatica ed extraepatica, all’iperuricemia ed allo stress ossidativo. Questi effetti, tuttavia, sono stati evidenziati prevalentemente da studi condotti in modelli cellulari ed animali, con alti dosaggi di fruttosio pari al 60% dell’energia totale/die. Evidenze analoghe, ma meno consistenti, emergono da alcuni studi nell’uomo, che hanno ugualmente utilizzato quantità di fruttosio molto elevate (tra i 150 e i 200 g/die, corrispondenti al 25-40% dell’energia introdotta). 

Il contenuto di fruttosio è più basso negli agrumi (0,5-2 g/100 g) e nell’ananas (2 g/100 g), più alto nelle mele e nelle pere (oltre 6 g/100 g), differenze che si riflettono nei rispettivi succhi di frutta. Tenendo conto anche della frazione proveniente dal saccarosio, l’apporto calorico complessivo di fruttosio nei succhi è variabile tra 0,2-3,1% (per 2000 kcal/die).

Ovviamente, non bisogna considerare i succhi 100% frutta come sostituti della frutta fresca, ma possono contribuire al raggiungimento degli apporti raccomandati di alcuni micronutrienti.

  • Qual è la porzione standard?

I LARN raccomandano l’introduzione di almeno 2-3 porzioni di frutta al giorno. Una porzione standard di frutta fresca corrisponde a circa 150 g, quindi un frutto medio o due frutti piccoli. Mentre la porzione di succo di frutta è pari a 200 mL, pari ad un bicchiere  da acqua. 

  • Consigli

Il succo di frutta può essere preparato anche a casa, scegliendo la frutta che più preferite e frullandola. Ovviamente può essere aggiunto un goccio di latte oppure un vasetto di yogurt per renderlo più cremoso.

gravidanza

Alimentazione in Gravidanza

Si dice che una donna incinta debba mangiare per due, ma è proprio così?!

In realtà no, è uno di quei falsi miti che circola.

L’alimentazione in gravidanza è fondamentale perché è anche l’alimentazione del feto.

Forse è proprio in questo momento che una donna dovrebbe stare a “dieta”, questo non vuol dire seguire una dieta di restrizione ma una dieta che sia calibrata alle sue esigenze ed equilibrata.

Quali sono i cambiamenti fisiologici che avvengono durante la gravidanza?

Tra la 10° e la 32° settimana si ha un aumento della sintesi di tessuto adiposo e dalla 32° fino al parte, gli ormoni creano un ambiente in cui vengono utilizzati i grassi accumulati nella fase precedente, in modo tale che gli zuccheri vengano utilizzati quasi esclusivamente dal feto.

Quanto deve essere l’incremento ponderale?

Se consideriamo una donna normopeso, l’aumento di peso auspicabile è compreso tra 11,5-16 kg, mentre una donna sottopeso questo range è aumentato fino a 18 kg. Al contrario, una donna sovrappeso o obesa dovrà aumentare di poco tra 7-9 kg.

Più il BMI è alto al concepimento, inferiore dovrà essere l’incremento ponderale della gravidanza.

Se l’aumento ponderale è eccessivo, dovuto ad un aumentato intake materno, il feto tenderà ad essere macrosomico e potrebbe avere complicanze una volta fuori dall’ambiente materno. Questa condizione di macrosomia sembra essere associata al rischio di obesità e a tutte le complicanze tardive (diabete di tipo II, aterosclerosi, ipertensione) nell’infanzia e nelle successive fasce di età.

La glicemia materna è la glicemia del feto, dunque una condizione di iperglicemia materna si riflette in un’iperglicemia fetale con risposta da parte del feto di un aumento di insulina fetale.

Un aumento di insulina fetale comporta non solo problematiche successive, ma anche problematiche di accrescimento, in quanto l’insulina è un fattore di crescita e stimola la produzione di altri fattori di crescita, che aumentano la crescita fetale in modo patologico.

Il trasferimento di glucosio dalla madre al feto avviene per gradiente di concentrazione, questo vuol dire che, più è alta la glicemia della madre, più glucosio arriva al feto e più questo cresce.

Quando questi bambini escono dall’utero si trovano in una prima condizione di stress, in quanto l’ambiente esogeno ha livelli di glucosio molto più bassi rispetto a quelli a cui erano abituati, ritrovandosi in condizioni di ipoglicemia.

L’ipoglicemia è un fattore di rischio importante, perché può dare danni a livello neurologico.

Inoltre, il feto macrosomico può avere come conseguenze un parto complicato.

Anche la restrizione calorica da parte della madre può avere conseguenze sul bambino, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo cognitivo, e c’è l’aumentato rischio di alterazioni endocrino metaboliche a lungo termine.

Fondamentale è lo stato di nutrizionale della donna nella fase pre gravidico, ma diviene importante anche l’ipo o l’iperalimentazione durante la gestazione. Se la dieta non soddisfa i fabbisogni del feto, esso è capace di utilizzare le riserve della madre e quindi potrebbe mettere al rischio la sua salute. Il feto di per sé è un organismo “egoista” (scusate il termine), anche in una madre malnutrita cerca comunque di sopravvivere anche a discapito della madre stessa.

A cosa è dovuto l’aumento ponderale di peso?

Un aumento di peso di 12,5 kg, è generalmente così ripartito:

  • 3 kg del feto
  • 600 gr di placenta
  • 750 gr di liquido amniotico
  • 3 kg di volume plasmatico e liquido extracellulare
  • 1,5 kg volume dell’utero e delle mammelle
  • 3-3,5 kg di tessuto adiposo

Quest’ultimo punto ci fa capire come mai una donna in sovrappeso o obesa dovrebbe avere un aumento ponderale massimo di 7-9 kg. Questo perché le scorte di tessuto adiposo sono già presenti.

Qual è il fabbisogno energetico in Gravidanza?

Il fabbisogno energetico di una donna in gravidanza aumenta, perché le richieste energetiche devono sostenere la formazione di nuovi tessuti sia materni che fetali.

Aumenta anche il dispendio energetico a riposo (metabolismo basale), in quanto si ha un organismo in doppia crescita.

Se la donna in gravidanza pratica anche attività fisica, allora avrà un costo maggiore rispetto alla fase pregravidica pur svolgendo la stesso attività.

Allora quanto deve mangiare in più una donna in stato interessante?

Dipende dal periodo di gestazione in cui si trova e dal peso pre-gravidico.

Considerando il trimestre di gestazione, una donna normopeso:

Nel I trimestre si ha un incremento di 70 kcal/giorno, questo vuol dire che il fabbisogno rimane pressoché invariato

Nel II trimestre il fabbisogno aumenta di 260 kcal/giorno, mentre nel III trimestre si ha un aumento di 500 kcal/giorno.

 

Questo aumento è dato principalmente dall’aumentato fabbisogno di proteine. Le proteine sono i mattoncini utilizzati per l’accrescimento dei nuovi tessuti e per la sintesi di proteine endogene e composti azotati.

Nel primo trimetre il fabbisogno di proteine aumenta di 1 gr/kg al giorno, nel secondo trimestre di 8 gr/kg al giorno e nell’ultimo trimestre di 26 gr/kg al giorno.

Se l’apporto proteico non è adeguato, la prima conseguenza è che la placenta non cresce in maniera adeguata e quindi al feto non viene data la possibilità di avere un apporto adeguato di nutrienti e ossigeno.

Quella in foto è S. una neomamma che si è rivolta a me al III trimestre di gravidanza.

La foto è stata scattata qualche ora dal parto.

Il suo peso pre gravidico era di 70 kg e alla fine della gestazione siamo arrivati a 82 kg. Dunque, l’aumento ponderale è stato ottimale e nella norma. Bravissima S., ottimo risultato!!!

Grazie per avermi dato fiducia e adesso partiremo con un nuovo piano alimentare per l’allattamento.

Benvenuta Arianna !