triade atleta

Triade dell’atleta

Negli anni ’90 è stato introdotto il concetto di Triade dell’Atleta , che richiama l’attenzione su una sindrome di tre condizioni strettamente correlate: alimentazione disordinata, disfunzioni endocrine e osteoporosi. Principalmente sono le donne ad essere colpite.

L’esistenza della Triade è diffusa, con prevalenza che varia a seconda dello sport. Gli sport che richiedono un elevato dispendio energetico, un fisico snello e/o una componente estetica hanno la maggiore incidenza. Le conseguenze cliniche, comportamentali e fisiologiche della Triade sono estese e includono disturbi alimentari clinici, osteopenia, infertilità transitoria, dislipidemia, compromissione della funzione endoteliale problemi legati alle prestazioni come fratture da stress, fatica e decrementi delle prestazioni competitive.

Il fattore trigger, scatenante, sembra essere la bassa disponibilità di energia.

In un atleta sano l’apporto calorico deve essere sufficiente a coprire sia il fabbisogno energetico sportivo sia le funzioni fisiologiche dell’organismo, consentendo un equilibrio tra disponibilità energetica, metabolismo osseo e funzioni ormonali. D’altra parte, uno squilibrio dovuto alla bassa disponibilità di energia a causa di una dieta restrittiva, disturbi della dieta o lunghi periodi di dispendio energetico porta a una deregolamentazione multisistemica che dà priorità alle funzioni essenziali dell’organismo..

Nella donna la prima sintomatologia a comparire è la dismenorrea (irregolarità del ciclo mestruale) o amenorrea (scomparsa delle mestruazioni)..

La scarsa disponibilità di energia, dovuta alla scarsità di cibo o all’eccessivo dispendio energetico, provoca adattamenti fisiologici per garantire il mantenimento della vita. La disponibilità di energia si calcola sottraendo l’energia consumata (kcal) dall’energia ingerita (kcal) e dividendo questo valore per la massa magra (kg). Ovviamente si tratta di un concetto teorico, tuttavia, può essere usato come base per una valutazione iniziale degli atleti. La disponibilità energetica ideale dovrebbe supportare sia le funzioni di base che consentono uno stato di salute sia le prestazioni sportive. Si ritiene che debba essere, all’incirca, > 45 kcal/kg di massa magra/giorno.Diversi studiosi hanno tentato di definire la soglia oltre la quale la EA porta ai cambiamenti metabolici. Tuttavia, a causa dell’elevata variabilità interpersonale, è possibile solo prevedere che una quota inferiore a 30kcal/kg massa magra /giorno, porta ad un rischio alto di probabilità che si istaurino adattamenti fisiologici a favore dei sistemi vitali.

L’organismo sembra riconoscere questa bassa disponibilità energetica come condizione di stress e porti l’attivazione di diverse vie, con adattamenti ormonali che portano al risparmio più assoluto.

Una volta attivate le vie, sarà inibito lo sviluppo e il turnover osseo, la produzione degli ormoni sessuali (in quanto la riproduzione ha un costo energetico), la funzione tiroidea sarà minima, riduzione della massa muscolare, aumento del rischio cardiovascolare a causa dell’aumento di colesterolo, trigliceridi e disfunzione endoteliale.

Agendo sul metabolismo osseo, il rischio maggiore è la perdita dei normali meccanismi di riparazione per lesioni minori e gravi, con conseguente maggiore rischio di frattura.

Questa sindrome colpisce principalmente i giovani atleti, con conseguenze potenzialmente dannose e irreversibili sulla loro salute.

È una sindrome sottovalutata a causa della mancanza o tardiva diagnosi, a causa della scarsa conoscenza dei segni e dei sintomi. È fondamentale promuovere la diffusione di questo problema sia tra i diversi professionisti, sia agli atleti stessi e alle loro famiglie, al fine di aumentare la vigilanza su questa condizione, consentendone la prevenzione, la diagnosi precoce e un trattamento adeguato.

A causa dell’eziologia multifattoriale della triade – stress, perdita di peso, esercizio fisico eccessivo e cattiva alimentazione – un team multidisciplinare è essenziale per il trattamento.

L’obiettivo primario è ripristinare il normale equilibrio con un piano nutrizionale, psicologico e sportivo individualizzato e dinamico che consenta il ristabilimento dell’asse ormonale.