L’ Acido Lattico e i miti associati

Durante gli allenamenti ad alta intensità, l’incremento di acido lattico nel muscolo e nel sangue vengono considerati fra le principali cause che limitano le prestazioni.

L’acido lattico è stato per molto tempo considerato un vero e proprio nemico per l’atleta, soprattutto per le conseguenze che ne potevano derivare dopo un’abbondante produzione. È stato definito un prodotto di scarto del metabolismo anaerobico ed è stato ritenuto responsabile del fastidioso “bruciore” dell’esercizio intenso (DOMs) e direttamente responsabile dell’acidosi metabolica dell’esercizio, che porta alla diminuzione della contrattilità muscolare e alla fine dell’esercizio.

I muscoli per poter lavorare utilizzano come carburante ATP, adenosina trifosfato, molecola ad alto contenuto energetico. Il deposito nei muscoli di questa molecola è limitato, sufficiente a compiere un sforzo massimale di 1-2 secondi. Se i muscoli riescono a lavorare a lungo (es. in una partita di calcio si consumano molti kg di ATP) è perché riescono a sintetizzarla da soli. Esistono principalmente tre meccanismi attraverso i quali si ha la produzione di ATP:

  1. meccanismo energetico aerobico: in cui interviene ossigeno per bruciare Glucosio o acidi grassi fino ad ottenere acqua e anidride carbonica.
  2. meccanismo anaerobico lattacido: in cui non interviene ossigeno e si ha la produzione di acido lattico. Il glucosio ( 6 atomi di carbonio) non viene completamente bruciato a CO2 e acqua, ma viene demolito in un composto a 3 atomi di carbonio, il piruvato, e poi trasformato in acido lattico. L’acido lattico tende a dissociare, a perdere i suoi ioni H+ e divenire Lattato. La produzione di tale composto è fondamentale per far sì che la glicolisi, ovvero la scissione del glucosio, non si blocchi e si possa continuare a produrre ATP.
  3. meccanismo anerobico alattacido: in cui non interviene ossigeno e non si produce acido Lattico, ma viene attivata la via metabolica dei fosfati. Esiste una molecola ad alto contenuto energetico: la fosfocreatina (creatina+fosfato), utilizzata nelle attività di tipo esplosivo.

Produzione di lattato

Numerosi studi hanno dimostrato che non è solo la carenza o la mancanza di ossigeno a determinare un’aumentata produzione di lattato nel muscolo, ma anche per esempio il reclutamento delle fibre veloci (bianche). La produzione avviene anche a riposo, infatti la concentrazione del lattato ematico a riposo è circa 1-1,5 mmol/l.

Inoltre, il lattato può essere considerato anche un substrato energetico, quando in presenza di ossigeno, viene utilizzato come combustibile dalle fibre muscolari che lo hanno prodotto al pari del glucosio.

Lo smaltimento del lattato può avvenire anche in altri distretti dell’organismo e avviene in un lasso di tempo di circa 2 h. Il lattato, attraverso il flusso ematico può raggiungere il cuore, alcuni muscoli non impegnati, fibre di tipo I ossidative o cellule nervose per essere metabolizzato, oppure raggiungere fegato e reni dove viene convertito in glucosio o  stoccato nel glicogeno.

E’ il lattato a determinare il decadimento della performance?

NO, sono gli ioni idrogenioni (H+) rilasciati dall’acido lattico. La presenza eccessiva di questi ioni causa un’ acidificazione dell’ambiente (abbassamento del pH), determinando una riduzione della capacità del muscolo di esprimere forza, limitando anche alcuni funzioni muscolari, come la diminuzione della contrattilità della fibra o l’inibizione della velocità di accorciamento della fibra.

L’incremento di questi ioni H+ sembra avere anche un effetto diretto sull’insorgere della fatica periferica.

Lattato ed efficienza fisiologica

Fino agli anni ‘50 era il massimo consumo di ossigeno, il metodo utilizzato per valutare la resistenza di un soggetto. Ad oggi  i valori di lattato ematici possono essere utilizzati per indagare lo stato di efficienza fisiologica e i livelli di fitness di un atleta.

Per valutare la resistenza di un atleta si fa ricorso a prove incrementali, test in cui il soggetto è sottoposto a sforzi via via sempre più intensi fino a raggiungere un’intensità massima che non gli consenta più di proseguire l’esercizio. Alla fine di ogni sforzo viene misurata la concentrazione ematica di lattato, attraverso un semplice prelievo di una goccia di sangue.

La concentrazione ematica di lattato rimane pressoché costante o aumenta di poco in sforzi a bassa intensità , dopo una certa intensità di lavoro allora il lattato comincerà ad accumularsi nel sangue.

Se queste concentrazioni vengono riportate in un grafico, vedremo una curva esponenziale (vedi grafico sotto).

Ripetendo lo stesso test dopo un certo periodo di tempo, se lo spostamento della curva del lattato è verso destra si ha un miglioramento delle condizioni fisiche, se invece è verso sinistra vuol dire che c’è stato un peggioramento.

Conclusioni

L’acido lattico non deve essere considerato come una sostanza dannosa per l’atleta. La sua presenza indica l’efficienza nel produrre energia grazie al meccanismo anaerobico, più è efficiente l’atleta maggiore sarà la concentrazione di questa sostanza nel sangue.

Nelle discipline ove è richiesta una prestazione di sprint è importante  stimolare il muscolo a produrre più energia nell’unità di tempo attraverso la via anaerobica lattacida, mentre in discipline che richiedono prestazioni più lunghe o dove si alternano fasi intense a fasi più moderate è importante migliorare i sistemi che favoriscono l’allontanamento.

Con l’allenamento mirato è possibile migliorare le proprie prestazioni!

test lattato

E’ possibile prenotare il Test per la determinazione della soglia aerobica, anaerobica e VO2Max.

Il test incrementale prevede prove ripetute sui 1000 metri.

Viene svolto in collaborazione con Massimo Santucci.

Per saperne di più –> https://www.santuccirunning.it/shop/servizi/test-per-determinazione-soglia-aerobica-anaerobica-e-vo2max/