Olio di cocco: la Panacea per il dimagrimento?

Nell’ultimo periodo l’olio di cocco sta spopolando tra i social network come panacea di ogni male, soprattutto nell’ambito della salute e del dimagrimento.

Dal punto di vista nutrizionale, l’olio di cocco è composto dal 90% da grassi saturi, tra gli oli vegetali è quello con la minore quantità di acidi grassi insaturi. L’acido grasso primario presente nell’olio di cocco, è l’acido laurico (C12:0), che si comporta come un acido grasso a catena media e lunga dal punto di vista metabolico, portandosi dietro tutti i rischi correlati ai grassi saturi, ovvero un aumento dell’incidenza di malattie cardiovascolari.

Il consumo di olio di cocco viene spesso consigliato per i suoi ipotetici effetti sulla perdita di massa grassa. Queto effetto gli è stato attribuito per lapresenza di  trigliceridi a catena media (MCT).

Questi, presenti in molti oli, vengono digeriti e assorbiti in maniera differente, sono immessi direttamente nel flusso ematico senza la solubilizzazione tramite bile, raggiungendo rapidamente il fegato e poi la circolazione sistemica. Il loro utilizzo da parte della cellula è più rapido bypassando il sistema della carnitina fornendo così prontamente energia.

Grazie a queste caratteristiche i grassi MCT si sono dimostrati capaci di aumentare la sazietà e la spesa energetica mostrando una discreta capacità di favorire il dimagrimento.

Il problema è che i grassi MCT hanno caratteristiche differenti rispetto a quelli presenti nell’olio di cocco, dove il maggior rappresentante è l’acido laurico, che si comporta metabolicamente più come un acido grasso a catena lunga e solo il 20% si comporta come MCT.

Forse per avere gli ipotetici effetti occorre consumare grandi dosi di olio di cocco, con il rischio di un surplus di calorie inutili. Da ricordare che è un alimento ricco di grassi, in cui sono presenti anche un elevato contenuto di grassi saturi, superiori al burro e lardo, che possono aumentare il colesterolo LDL, definito cattivo.

Anche la letteratura scientifica è ricca di dubbi e contraddizioni su proprietà e benefici dell’olio di cocco, anche perché molte delle pubblicazioni scientifiche riguardano sperimentazioni su animali (topi) e non sull’uomo.

Conclusioni

Sappiate che l’unico olio vegetale con evidenze scientifiche per le sue proprietà e benefici salutistici è l’olio extravergine di oliva.

Questo non vuol dire che l’ olio di cocco sia un alimento ” cattivo” se inserito in un contesto di alimentazione equilibrata. Non esistono alimento buoni o cattivi.

Se l’avete comprato con l’intento del dimagrimento, potete cambiarne lo scopo ed utilizzarlo nel campo della cosmesi!!

pescheria

Qualità Nutrizionali Del Pesce Selvatico e di Allevamento: Quale scegliere?

Come Conoscere i due prodotti al banco pescheria?

La Normativa Europea prevede che il consumatore abbia il diritto di avere informazioni ben precise su ciò che gli viene offerto.

In etichetta, quindi, devono essere sempre indicati la denominazione della specie, la zona di produzione e il metodo, cioè se è stato pescato o  allevato.

Se le indicazioni in etichetta non sono complete oppure non ci fidiamo, è possibile riconoscerli dall’aspetto del pesce stesso.

Primo aspetto da osservare è la Dimensione. I pesci d’allevamento risultano pressoché di dimensioni tutti uguali. Inoltre, sono più grossi di quelli selvatici, a causa dello scarso movimento che non gli permette di sviluppare una muscolatura adeguata per la taglia ed anche per i mangimi usati in allevamento.

Possono essere presenti Irregolarità. Spesso i pesci d’allevamento hanno le code sfibrate o rotte e le squame consumate, per il fatto che sono costretti a vivere in vasche sovraffollate.

Una volta cotto il pesce, è possibile osservare la Tonicità e la Consistenza delle carni. Le carni dei pesci d’allevamento non sono molto compatte  e si sfaldano facilmente.

Ultimo aspetto è il Prezzo esposto. Un pesce d’allevamento è sempre più economico di uno pescato in mare.

I Pro e i Contro del Pesce d’allevamento

Gli studi condotti sulle caratteristiche nutrizionali dei pesci d’allevamento evidenziamo problemi, ma anche vantaggi.

I problemi sono relativi alla quantità e qualità dei grassi, in genere superiori e diversa rispetto a quello selvatico. Nell’allevamento, vengono utilizzati mangimi a base di farina e oli vegetali, in modo da rendere i pesci più grossi in breve tempo. Dunque, i pesci d’allevamento saranno più grossi di dimensione, ma allo stesso tempo più grassi.

Il contenuto e la qualità dei grassi dipende sostanzialmente dal mangime utilizzato. Generalmente i pesci d’allevamento sono più scarsi di omega 3 (EPA e DHA), importanti protettori per le patologie cardiovascolari, ma con valori più elevati di omega 6, precursori di molecole infiammatorie, se consideriamo la quantità totale di grassi.

Anche se i pesci d’allevamento sono più grassi, è da tener presente che il contenuto di grassi totali sarà sempre inferiore al fabbisogno lipidico giornaliero richiesto in una dieta bilanciata.

Un Pro è il fatto che il contenuto di lipidi, quindi anche di omega 3, è costante nei pesci di allevamento, rispetto a quelli selvatici che si nutrono solo di ciò che trovano.

Un ulteriore vantaggio dei pesci d’allevamento riguarda la sicurezza alimentare, infatti è più facile monitorare la presenza di eventuali metalli pesanti e altri contaminanti tossici introdotti dal pesce con la dieta.

Per quanto riguarda il contenuto di Sali minerali quali Fosforo, Calcio, Ferro, Zinco e Iodio dipende anch’esso dall’alimentazione dell’animale, ma anche da fattori intrinseci del pesce stesso. Nel pesce d’allevamento il contenuto sarà determinato principalmente dal mangime artificiale, generalmente addizionato in Sali, in quanto indispensabili per l’accrescimento e per ottenere buoni indici di qualità. Nel pesce selvatico la quantità di minerali dipendente dalla biodisponibilità in acqua.

In conclusione, in condizioni di allevamento adeguate, è stata osservata un’equiparazione in termini nutrizionali e salutistici tra pesce allevato e selvatico.

I prodotto di acquacoltura possono rappresentare una valida alternativa ai pesci selvatici, purché i mangimi e gli impianti di allevamento siano fattori determinati per la qualità del prodotto.